
Tartufo bianco d'Alba
Le apparenze ingannano, si sa. Non fa eccezione il principe della tavola piemontese, il Tartufo Bianco d'Alba: contrariamente al suo nome botanico (Tuber magnatum Pico), infatti, non si tratta di un tubero, ma di un fungo sotterraneo che vive in simbiosi con le radici della pianta all'ombra della quale cresce (soprattutto querce, pioppi, salici e tigli)...
Le apparenze ingannano, si sa. Non fa eccezione il principe della tavola piemontese, il Tartufo Bianco d'Alba: contrariamente al suo nome botanico (Tuber magnatum Pico), infatti, non si tratta di un tubero, ma di un fungo sotterraneo che vive in simbiosi con le radici della pianta all'ombra della quale cresce (soprattutto querce, pioppi, salici e tigli).
Nelle Langhe il dialetto locale lo identifica come “trifola”: ecco perché il cercatore di tartufi si chiama “trifolau”. In compagnia dell'inseparabile “tabui”, il cane da tartufi, nel silenzio e nel buio delle notti autunnali (che offrono una maggiore concentrazione all'animale e più sicurezza al cercatore, che può agire lontano dagli occhi indiscreti della concorrenza), cane e padrone si addentrano nei boschi. L'animale fiuta il tartufo e comincia a raspare ai piedi dell'albero, finché il padrone lo ferma e – prima con la zappetta, infine a mano – estrae il prezioso fungo.
Una volta dissotterrato, deve essere riposto in un barattolo di vetro o, in alternativa, in un contenitore di plastica a chiusura ermetica. All'interno di esso, deve essere avvolto da un foglio di carta assorbente, che andrebbe sostituito quotidianamente. Assolutamente da evitare, come erroneamente diffuso, l'introduzione del riso nel contenitore, perché questo assorbe in maniera eccessiva l'umidità del tartufo, asciugandolo e privandolo del suo profumo. Allo stesso modo, occorre evitare la conservazione nell'olio, che ne favorisce la fermentazione. Il contenitore andrà quindi riposto nella parte bassa del frigorifero, a una temperatura compresa tra i 2 e i 4 °C (attenzione ai prodotti a base di latte, come burro e formaggi, che tendono ad assorbirne l'odore). Anche nelle migliori condizioni di conservazione, si consiglia di consumarlo al più tardi nell'arco di sette/dieci giorni dall'acquisto. Vale la regola universale applicabile a tutti i prodotti freschi: prima lo si consuma, migliori saranno le sensazioni offerte dal tartufo.
Commenti
Lascia il tuo commento